La Cassazione ha ribadito la necessità della preesistenza del ramo d’azienda in caso di cessione, anche alla luce della recente sentenza della Corte di giustizia UE n. C-458/12.
La Corte, nella sentenza n. 9641/2014, ha affermato a più riprese che per “ramo d’azienda“, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ., sia nel testo previgente che in quello modificato in applicazione della Direttiva CE n. 50/96 dal d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 18, deve intendersi “ogni entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità“, il che fa presupporre “una preesistente realtà produttiva autonoma e funzionalmente esistente, e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento, o come tale identificata dalle parti del negozio traslativo, essendo preclusa l’esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate fra loro, di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà dell’imprenditore e non dall’inerenza dei rapporti di lavoro ad un ramo di azienda già costituito“.
Ne consegue che la disciplina dettata dall’art. 2112 cod. civ. trova applicazione anche in caso di cessione di parte dello specifico settore aziendale, “purchè si tratti di un insieme organicamente finalizzato ex ante all’esercizio dell’attività d’impresa, con autonomia funzionale di beni e strutture già esistenti al momento del trasferimento, e dunque non solo teorica o potenziale“.
La decisione in parola ha dunque provveduto a fornire l’esatta lettura ed interpretazione della sentenza 6 marzo 2014 n. C-458/12 della Corte di giustizia UE dalla quale risulta, infatti, che non si ha trasferimento di ramo d’azienda qualora il ramo non preesista alla cessione, spettando all’ordinamento nazionale, in tal caso, garantire il lavoratore.
(Fabio Capone)