L’assistenza al disabile osta al trasferimento del lavoratore.

lawyer Il potere del datore di lavoro di trasferire un proprio dipendente trova un limite nell’esigenza, da parte di quest’ultimo, di curare ed assistere un proprio congiunto affetto da grave handicap. Tale necessità prevale sempre sulle esigenze produttive e organizzative del datore. Nel caso concreto affrontato dal tribunale, è stato dichiarato illegittimo il trasferimento di un operatore della Polizia municipale che doveva assistere il padre disabile (Tribunale di Firenze, sentenza n. 39/2015).

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE

SEZIONE LAVORO

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Anita Maria Brigida Davia ha pronunciato, la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo Grado iscritta al n. r.g. 1073/2014 promossa da:

TO.DE. (…), con il patrocinio dell’avv. CO.VA. e dell’avv. FO.AN. (…) via (…) – Firenze; elettivamente domiciliato in via (…) – Firenze presso il difensore avv. CO.VA.

Parte ricorrente

contro

Comune di Firenze (C.F.), con il patrocinio dell’avv. CA.AL. e dell’avv. PE.SE. (…) piazza (…) 50122 Firenze; elettivamente domiciliato in piazza (…) 50122 Firenze presso il difensore avv. CA.AL.

Parte resistente

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Parte ricorrente, agente di polizia municipale in servizio presso il Comune di Firenze, impugna il trasferimento dal reparto investigativo posto in via (…) all’unita Operativa (…), disposto in data 15 maggio 2013.

A fondamento della richiesta dichiarazione di illegittimità del trasferimento, allega di assistere con continuità il proprio padre, portatore di handicap grave e invoca il disposto dell’art. 33 l. 104/92 che subordina il trasferimento del lavoratore che assiste un familiare disabile al consenso del lavoratore stesso (inesistente nel caso di specie).

Il Comune convenuto ribadisce la legittimità del provvedimento impugnato allegando che il trasferimento è stato adottato nell’ambito di un ampio processo di riorganizzazione volto a rafforzare la presenza sul territorio degli operatori di Polizia Municipale, di talché le esigenze produttive ed organizzative del datore di lavoro dovevano ritenersi prevalenti sul diritto riconosciuto dalla norma invocata, tanto più che il lavoratore era stato collocato (in soprannumero) in una sede lavorativa “probabilmente” più vicina al domicilio dell’assistito rispetto alla precedente. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

In materia di trasferimento di lavoratore che assiste un congiunto affetto da grave handicap (circostanza che pacificamente ricorre nel caso di specie) la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che il bilanciamento degli interessi avviene a livelli diversi in relazione alle distinte posizioni soggettive contemplate dall’art. 33 1.104/92. “La limitazione del diritto, in ragione della concomitanza di valori di rilievo costituzionale, quali i principi distintamente espressi dagli artt. 97 e 41 Cost., si esplicita nella norma, con riguardo alla scelta della sede di lavoro all’atto dell’assunzione, con l’inciso “ove possibile”, che vale a configurare una subordinazione del diritto alla condizione che il suo esercizio non comporti una lesione eccessiva delle esigenze organizzative ed economiche del datore di lavoro privato, ovvero non determini un danno per la collettività compromettendo il buon andamento e l’efficienza della pubblica amministrazione (cfr. Corte Cost. n. 372 del 2002; Cass. sez. un., n. 7945 del 2008, cit.; Cass. n. 1396 del 2006; id. n. 8436 del 2003; id., n. 12692 del 2002). La mancanza di tale esplicitazione per l’ipotesi del trasferimento, per il Quale la seconda parte della disposizione prevede semplicemente che il lavoratore non può essere trasferito ad altra sede senza il suo consenso, esprime una diversa scelta di valori che è collegata alla diversità delle due situazioni, e specificamente ai riflessi negativi per il portatore di handicap di un trasferimento di sede del congiunto a fronte di una situazione assistenziale già consolidata, (così Cass. Sez. U, Sentenza n. 16102 del 2009 in motivazione).

La scelta operata dal Legislatore significa che in quest’ultima ipotesi l’interesse della persona handicappata, ponendosi come limite esterno del potere datoriale di trasferimento, quale disciplinato in via generale dall’art. 2103 c.c., prevale sulle ordinarie esigenze produttive e organizzative del datore di lavoro e soccombe solo in presenza di ulteriori rilevanti interessi, diversi da quelli riguardanti l’ordinaria mobilità, che possono entrare in gioco nello svolgimento del rapporto di lavoro, pubblico o privato, così come avviene in altre ipotesi di divieto di trasferimento previste dall’ordinamento per le quali la considerazione dei principi costituzionali coinvolti può determinare, concretamente, un limite alla prescrizione di inamovibilità (cfr. L. n. 300 del 1970, art. 22, comma 2; del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 78, comma 6; della L. n. 1264 del 1971, art. 2, comma 6, introdotto dalla L. n. 53 del 2000, art. 17, comma 1). Tali situazioni concrete (prevalenti sul generale divieto di trasferimento) sono stati individuati dalla giurisprudenza nella incompatibilità ambientale,(cfr. Cass. n. 4265 del 2007; id., 10252 del 1995) o, comunque nella definitiva soppressione del posto (casi nei quali l’esigenza del datore di lavoro al trasferimento coincide con quella del lavoratore a non perdere la propria occupazione).

Alla luce dei principi suindicati si spiega agevolmente la decisione del Tribunale atteso che il Comune convenuto, lungi dall’allegare l’esistenza di una delle particolari e rilevanti ragioni di cui si è detto, ha motivato il trasferimento con ordinarie esigenze di natura organizzativa, peraltro contraddittoriamente esposte atteso che è lo stesso convenuto a dichiarare che il ricorrente risulta collocato in soprannumero nella nuova sede (ove evidentemente non risulta necessaria la sua presenza). Né può escludersi che nel caso di specie si tratti di un vero e proprio trasferimento atteso che la nozione di trasferimento del lavoratore, che comporta il mutamento definitivo del luogo geografico di esecuzione della prestazione, è configurabile anche nell’ipotesi in cui lo spostamento venga attuato nell’ambito dello stesso Comune, quando questa comprenda uffici costituenti diverse unità produttive (circostanza incontestata nel caso di specie).

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in base al valore indeterminato (e non rilevante) della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: Dichiara l’illegittimità del trasferimento disposto nei confronti del ricorrente e ordina la immediata ricollocazione nella precedente sede lavorativa.

Condanna parte convenuta al pagamento delle spese di lite liquidate in complessivi Euro 3.513,00, oltre iva, cpa e rimborso spese generali.

Sentenza resa ex articolo 429 c.p.c., pubblicata mediante lettura in udienza ed allegazione al verbale.

Così deciso in Firenze il 15 gennaio 2015.

Depositata in Cancelleria il 15 gennaio 2015.