La mail aziendale appartiene al datore di lavoro!
Tanto ritiene una giurisprudenza maggioritaria, anche penale. Nel 2006 il Tribunale di Torino, Sezione Distaccata di Chivasso, sentenza n. 143 spiegava che “l’e-mail aziendale appartiene al datore di lavoro e pertanto in relazione al reato di cui all’art. 616 c.p. il fatto non sussiste qualora, anche in presenza di adeguata policy aziendale, il datore di lavoro acceda alla casella personalizzata del dipendente”.
In pratica il concetto è che i computers di un’azienda devono ritenersi equiparati a normali strumenti di lavoro, forniti ai dipendenti esclusivamente per lo svolgimento dell’attività aziendale.
La “personalità” dell’indirizzo non significa “privatezza” del medesimo poiché l’indirizzo aziendale – al di là dell’uso di intestazioni apparentemente personali del lavoratore quale principale utilizzatore – proprio in quanto tale, per sua intrinseca natura, può sempre essere nella disponibilità di accesso e lettura da parte di soggetti diversi, sempre appartenenti all’azienda.
In altri termini, il datore di lavoro è pienamente legittimato a porre in essere dei controlli a posteriori sulla correttezza dell’operato del dipendente che utilizzi la posta elettronica nel caso in cui ne sospetti l’uso abusivo, senza incorrere nel divieto, ex art. 4, l. n. 300/70, di controllo all’insaputa sulle modalità di esecuzione della prestazione. La conferma viene dalla recentissima Cass., sez. lav., 23 febbraio 2012, n. 2722, che – relativamente ad un cd. controllo difensivo a posteriori su un bancario che aveva divulgato con messaggi elettronici diretti ad estranei notizie riservate concernenti un cliente dell’istituto e aveva effettuato operazioni finanziarie da cui aveva tratto vantaggio personale, ha stabilito: «tale fattispecie è estranea al campo di applicazione dell’articolo 4 dello statuto dei lavoratori. Nel caso di specie, infatti, il datore di lavoro ha posto in essere una attività di controllo sulle strutture informatiche aziendali che prescindeva dalla pura e semplice sorveglianza sull’esecuzione della prestazione lavorativa degli addetti ed era, invece, diretta ad accertare la perpetuazione di eventuali comportamenti illeciti (poi effettivamente riscontrati) dagli stessi posti in essere. Il cd. controllo difensivo, in altre parole, non riguardava l’esatto adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro, ma era destinato ad accertare un comportamento che poneva in pericolo la stessa immagine dell’istituto bancario presso terzi».
A cura dell’Avv. Ernesto Maria Cirillo
Mail aziendale: controllo a distanza e privacy del lavoratore.
La mail aziendale appartiene al datore di lavoro!
Tanto ritiene una giurisprudenza maggioritaria, anche penale. Nel 2006 il Tribunale di Torino, Sezione Distaccata di Chivasso, sentenza n. 143 spiegava che “l’e-mail aziendale appartiene al datore di lavoro e pertanto in relazione al reato di cui all’art. 616 c.p. il fatto non sussiste qualora, anche in presenza di adeguata policy aziendale, il datore di lavoro acceda alla casella personalizzata del dipendente”.
In pratica il concetto è che i computers di un’azienda devono ritenersi equiparati a normali strumenti di lavoro, forniti ai dipendenti esclusivamente per lo svolgimento dell’attività aziendale.
La “personalità” dell’indirizzo non significa “privatezza” del medesimo poiché l’indirizzo aziendale – al di là dell’uso di intestazioni apparentemente personali del lavoratore quale principale utilizzatore – proprio in quanto tale, per sua intrinseca natura, può sempre essere nella disponibilità di accesso e lettura da parte di soggetti diversi, sempre appartenenti all’azienda.
In altri termini, il datore di lavoro è pienamente legittimato a porre in essere dei controlli a posteriori sulla correttezza dell’operato del dipendente che utilizzi la posta elettronica nel caso in cui ne sospetti l’uso abusivo, senza incorrere nel divieto, ex art. 4, l. n. 300/70, di controllo all’insaputa sulle modalità di esecuzione della prestazione. La conferma viene dalla recentissima Cass., sez. lav., 23 febbraio 2012, n. 2722, che – relativamente ad un cd. controllo difensivo a posteriori su un bancario che aveva divulgato con messaggi elettronici diretti ad estranei notizie riservate concernenti un cliente dell’istituto e aveva effettuato operazioni finanziarie da cui aveva tratto vantaggio personale, ha stabilito: «tale fattispecie è estranea al campo di applicazione dell’articolo 4 dello statuto dei lavoratori. Nel caso di specie, infatti, il datore di lavoro ha posto in essere una attività di controllo sulle strutture informatiche aziendali che prescindeva dalla pura e semplice sorveglianza sull’esecuzione della prestazione lavorativa degli addetti ed era, invece, diretta ad accertare la perpetuazione di eventuali comportamenti illeciti (poi effettivamente riscontrati) dagli stessi posti in essere. Il cd. controllo difensivo, in altre parole, non riguardava l’esatto adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro, ma era destinato ad accertare un comportamento che poneva in pericolo la stessa immagine dell’istituto bancario presso terzi».
A cura dell’Avv. Ernesto Maria Cirillo