Licenziamento per superamento del comporto – Malattia causata dal demansionamento subito – Stato ansioso – Illegittimità del recesso – Reintegra
La Corte di appello di Roma s.n. 2231/2017, ha riformato il precedente del Tribunale accertando che la lavoratrice, Supervisore e Vice Coordinatore, dopo la maternità era stata effettivamente dequalificata.
La Corte capitolina aggiunge che l’aver richiesto un periodo di aspettativa oppure una riduzione oraria non potevano giustificare l’assegnazione a mansioni inferiori.
Accertata la dequalificazione, la CTU medico-legale riconosceva il nesso causale tra la condotta aziendale e la patologia ansioso depressiva che aveva costretto la lavoratrice ad assentarsi sino al superamento del periodo di comporto.
All’uopo, la Corte argomentava: “In tal senso si è ripetutamente espressa la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale “la malattia o le malattie del lavoratore non giustificano il licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto ove l’infermità abbia avuto causa, in tutto o in parte, nella nocività insita nella modalità di esercizio delle mansioni o comunque esistente nell’ambiente di lavoro, della quale il datore di lavoro sia responsabile per avere omesso le misure atte a prevenirla o ad eliminare l’incidenza, in adempimento dell’obbligo di protezione ed eventualmente anche delle specifiche norme di legge connesse alla concretizzazione di esso, incombendo peraltro al lavoratore di dare la prova del collegamento causale fra la malattia che ha determinato l’assenza ed il carattere morbigeno delle mansioni espletate” (Cass. Lav., 18.04.2000, n. 5066; nello stesso senso, cfr. Cass. Lav., 22.03.2005, n. 6143; Cass. Lav., 07.04.2011, n. 7946).