Call center: il TAR Lazio boccia le gare al massimo ribasso.
Il Tribunale Amministrativo del Lazio, con sentenza depositata il 24 aprile u.s., ha accolto il ricorso proposto da una cooperativa per l’annullamento dell’intera procedura di gara bandita a Roma da Acea, per l’affidamento del proprio “servizio di gestione in overflow di servizi di Call Center e back office”, condannando la società in questione al pagamento delle spese di giudizio.
Il TAR Lazio ha, in particolare, riconosciuto che il criterio del “prezzo più basso” può applicarsi ad un’attività connotata da “natura strettamente vincolata”, cosa che invece non è quella di “call center (in-bound, ou-bound e back office)” in quanto “servizio che risulta oggettivamente caratterizzato da una particolare complessità” e, pertanto, “la scelta della stazione appaltante di procedere all’aggiudicazione della gara con il sistema di scelta dell’offerta secondo il prezzo più basso si rivela illogica e contraddittoria e, per tale motivo, illegittima”.
La sentenza in parola, che costituisce un precedente importantissimo nella necessità di definire una disciplina volta a tutelare il sistema occupazionale italiano dei “Call Center”, è l’occasione per tornare a parlare di un ambito lavorativo molto diffuso sul territorio, tanto da rappresentare per il nostro Paese il principale sbocco lavorativo per un neo-diplomato o laureato o anche per chi, dopo anni di impiego stabile, ha perso il proprio posto di lavoro.
Tuttavia è anche il settore in cui ha trovato spazio la sperimentazione alla precarizzazione, alla corresponsione di salari poco dignitosi, al riconoscimento di limitatissimi diritti in favore dei lavoratori e, dulcis in fundo, alla delocalizzazione.
Tale ultimo aspetto è frutto della scelta operata dalle numerose aziende che in Italia, trovatesi a fronteggiare, da un lato, l’elevata tassazione interna e, dall’altro, la concorrenza di Stati “viciniori” che ricorrono alla riduzione del costo del lavoro, sono spinte a seguire nei bandi di gara logiche che rischiano di essere totalmente avulse da criteri di profittabilità, così da adottare il criterio del “prezzo più basso” al fine di ottenere notevoli guadagni a tutto svantaggio delle condizioni retributive e generali dei lavoratori (vedasi in sicurezza, orari, turni ecc.).
Qual’è il risultato finale, quindi?
L’aggiudicazione delle proposte nelle gare da parte di aziende operanti in quei paesi esteri in cui il lavoro è a basso costo, determina l’esportazione ovvero la delocalizzazione del lavoro, con evidenti ripercussioni sul piano occupazionale interno e a discapito della qualità di servizi erogati e della sicurezza (anche in termini di privacy per i rischi connessi alla circolazione dei dati personali degli utenti), che rimangono così fuori dalla portata del controllo delle nostre Autorità di vigilanza.
Per contro, è opportuno che la valutazione nella scelta dell’impresa aggiudicatrice avvenga non solo per considerazioni legate al prezzo finale, ma anche sulla base di precisi requisiti tecnici, perché il call center comunque finisce per veicolare l’immagine dell’azienda che ha, pertanto, come primario interesse quello di scegliere sul mercato colui che risulta essere il “miglior” operatore nel settore e non, semplicemente, quello più economico.
Dr. Fabio Capone Avv. Ernesto Maria Cirillo