Danno esistenziale e diritto alla vita relazionale.
a cura dell’avv. Ernesto Maria Cirillo – Avvocato del Lavoro
Il potere dell’imprenditore di organizzare l’attività d’impresa può incontrare il limite nel diritto del dipendente ad organizzare la propria vita e vivere serenamente la propria esistenza e la relazione di vita con i familiari.
La Corte di appello di Napoli CONDANNA il datore a risarcire il DANNO ESISTENZIALE.
La Corte partenopea con la sentenza N. 5487/2014 ha ritenuto meritevole di ristoro il danno esistenziale sofferto da una lavoratrice, nostra assistita, per la violazione di diritti costituzionalmente garantiti.
Il datore di lavoro le modificava continuamente i turni di lavoro impedendole di organizzare la propria vita personale e relazionale.
Il collegio napoletano ha così motivato la propria decisione: “La questione dell’ampiezza dei poteri datoriali di organizzazione in materia di collocazione temporale della prestazione lavorativa nel rapporto di lavoro a tempo pieno, proprio per la contrapposizione che impone tra l’interesse del datore di lavoro a mantenere intatto il potere di autorganizzazione e quello del lavoratore alla programmazione della vita extra lavorativa, va affrontata facendo uso del principio di bilanciamento tra opposti interessi alla luce della rilevanza costituzionale dei beni contrapposti (artt. 41 e 2 Cost.)…”.
In ordine alla prova del danno non patrimoniale, sempre il collegio deduce: “Altrettanto non può dirsi per i profili di danno esistenziale ricollegabili alla incidenza del reiterato mutamento dell’orario di lavoro sulle concrete possibilità di organizzare la propria vita familiare. Ciò considerando le specifiche allegazioni contenute nel ricorso introduttivo, provate dalle ripetute richieste scritte avanzate dalla omissis alla datrice di lavoro per ottenere il mantenimento dei turni di lavoro, che costituiscono efficace quadro presuntivo della lesione del fare areddituale della lavoratrice e del suo diritto ad organizzare e vivere serenamente la propria esistenza e la relazione di vita con il proprio figlio e con il genitore malato”.