Molti si chiedono se registrare una conversazione privata o una telefonata sia legale e se la si possa utilizzare in una causa.
A cura dell’avv. Ernesto Maria Cirillo
L’orientamento della Suprema Corte di Cassazione negli anni è stato quello di ammettere le registrazioni raccolte all’insaputa degli altri partecipanti alla conversazione, ma di estenderle anche ai colloqui, alle riunioni ed alle telefonate, affermando che le registrazioni sono perfettamente lecite ed hanno lo stesso valore di una prova scritta. Inoltre, secondo la Cassazione, la registrazione della conversazione ed il suo utilizzo non viola neppure il Codice della Privacy.
Ciò che invece rileva, è il ruolo che assume il soggetto che registra: qualora è soggetto terzo rispetto ai partecipanti alla discussione/telefonata parleremo di intercettazione, inammissibile ed inutilizzabile senza il consenso del soggetto intercettato o di un’autorizzazione del P.M. nell’ambito di un’indagine penale.
Viceversa, nel caso in cui il soggetto che registra la conversazione o la telefonata è parte di essa, il cellulare, registratore o altro dispositivo utilizzato non farebbe altro che memorizzare digitalmente ciò che il nostro udito già capta di suo.
In tal caso, la registrazione può essere utilizzata come strumento di difesa in sede civile e/o penale contro abusi, minacce, insulti, ricatti ecc. purché non la si divulga al di fuori dell’ambito processuale.
Sotto il profilo penalistico, qualora la registrazione avvenga da parte di un partecipante alla stessa non è configurabile l’ipotesi di reato di cui all’art. 615-bis c.p. (“Interferenze illecite nella vita privata”) e la registrazione trova pieno utilizzo probatorio nel processo.
Secondo le norme del Codice della Privacy, tanto che l’art. 13, comma 5, lett. b) prescrive espressamente l’utilizzo di quanto registrato occultamente “per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento”.
Con sentenza n. 27424/2014, la Suprema Corte è tornata ad esprimersi in merito alla possibilità di utilizzare la registrazione di una telefonata come prova nel processo civile.
Nel caso di specie un lavoratore aveva registrato una conversazione avvenuta con il datore di lavoro per precostituirsi una prova da utilizzare successivamente nel giudizio di impugnazione del licenziamento.
Secondo la Corte la registrazione di un colloquio intercorsa tra due persone assurge al rango di prova se è posta in essere da uno dei soggetti coinvolti nella conversazione.
Gli ermellini chiariscono che nel caso di specie non può ritenersi leso il vincolo di fiducia con il datore di lavoro perché l’affidamento che il capo deve avere sul proprio dipendente riguarda la sua capacità di adempiere alle obbligazioni lavorative e non quella di “condividere segreti non funzionali alle esigenze produttive e/o commerciali dell’impresa”.
L’iniziativa del dipendente di registrare le contestazioni verbali da parte dei superiori di presunte infrazioni disciplinari, al contrario, integrava nella fattispecie la scriminante dell’esercizio del diritto di difesa ai sensi dell’art. 51 c.p. Data la portata generale di tale diritto, ben poteva, così, il dipendente registrare il colloquio ancor prima dell’instaurazione di un eventuale procedimento civilistico o penalistico a suo carico, essendo detta attività orientata precisamente all’acquisizione di prove a suo favore.
Possiamo concludere che la registrazione di una conversazione o di una telefonata è sempre ammessa ed utilizzabile giudizialmente, e ciò anche se il nostro interlocutore sia totalmente all’oscuro del nostro intento.
E’ lecito registrare il colloquio telefonico con il datore di lavoro ed utilizzarlo come prova.
Molti si chiedono se registrare una conversazione privata o una telefonata sia legale e se la si possa utilizzare in una causa.
A cura dell’avv. Ernesto Maria Cirillo
L’orientamento della Suprema Corte di Cassazione negli anni è stato quello di ammettere le registrazioni raccolte all’insaputa degli altri partecipanti alla conversazione, ma di estenderle anche ai colloqui, alle riunioni ed alle telefonate, affermando che le registrazioni sono perfettamente lecite ed hanno lo stesso valore di una prova scritta. Inoltre, secondo la Cassazione, la registrazione della conversazione ed il suo utilizzo non viola neppure il Codice della Privacy.
Ciò che invece rileva, è il ruolo che assume il soggetto che registra: qualora è soggetto terzo rispetto ai partecipanti alla discussione/telefonata parleremo di intercettazione, inammissibile ed inutilizzabile senza il consenso del soggetto intercettato o di un’autorizzazione del P.M. nell’ambito di un’indagine penale.
Viceversa, nel caso in cui il soggetto che registra la conversazione o la telefonata è parte di essa, il cellulare, registratore o altro dispositivo utilizzato non farebbe altro che memorizzare digitalmente ciò che il nostro udito già capta di suo.
In tal caso, la registrazione può essere utilizzata come strumento di difesa in sede civile e/o penale contro abusi, minacce, insulti, ricatti ecc. purché non la si divulga al di fuori dell’ambito processuale.
Sotto il profilo penalistico, qualora la registrazione avvenga da parte di un partecipante alla stessa non è configurabile l’ipotesi di reato di cui all’art. 615-bis c.p. (“Interferenze illecite nella vita privata”) e la registrazione trova pieno utilizzo probatorio nel processo.
Secondo le norme del Codice della Privacy, tanto che l’art. 13, comma 5, lett. b) prescrive espressamente l’utilizzo di quanto registrato occultamente “per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento”.
Con sentenza n. 27424/2014, la Suprema Corte è tornata ad esprimersi in merito alla possibilità di utilizzare la registrazione di una telefonata come prova nel processo civile.
Nel caso di specie un lavoratore aveva registrato una conversazione avvenuta con il datore di lavoro per precostituirsi una prova da utilizzare successivamente nel giudizio di impugnazione del licenziamento.
Secondo la Corte la registrazione di un colloquio intercorsa tra due persone assurge al rango di prova se è posta in essere da uno dei soggetti coinvolti nella conversazione.
Gli ermellini chiariscono che nel caso di specie non può ritenersi leso il vincolo di fiducia con il datore di lavoro perché l’affidamento che il capo deve avere sul proprio dipendente riguarda la sua capacità di adempiere alle obbligazioni lavorative e non quella di “condividere segreti non funzionali alle esigenze produttive e/o commerciali dell’impresa”.
L’iniziativa del dipendente di registrare le contestazioni verbali da parte dei superiori di presunte infrazioni disciplinari, al contrario, integrava nella fattispecie la scriminante dell’esercizio del diritto di difesa ai sensi dell’art. 51 c.p. Data la portata generale di tale diritto, ben poteva, così, il dipendente registrare il colloquio ancor prima dell’instaurazione di un eventuale procedimento civilistico o penalistico a suo carico, essendo detta attività orientata precisamente all’acquisizione di prove a suo favore.
Possiamo concludere che la registrazione di una conversazione o di una telefonata è sempre ammessa ed utilizzabile giudizialmente, e ciò anche se il nostro interlocutore sia totalmente all’oscuro del nostro intento.