a cura dell’avv. Ernesto Maria Cirillo
Il Tribunale di Napoli con l’ordinanza n. 11838 del 23 maggio u.s. ha accolto la domanda di tre nostri assistiti impiegati informatici presso la sede di Napoli, unica coinvolta dalla procedura di licenziamento collettivo a fronte di una esigenza generale di contenimento dei costi.
Così motiva il Tribunale: “Sul punto, merita ricordare il consolidato principio della S.C. secondo cui, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda, la comparazione dei lavoratori, al fine di individuare quelli da avviare alla mobilità, non deve necessariamente interessare l’intera azienda, ma può avvenire, secondo una legittima scelta dell’imprenditore ispirata al criterio legale delle esigenze tecnico-produttive, nell’ambito della singola unità produttiva, ovvero del settore interessato alla ristrutturazione, in quanto ciò non sia il frutto di una determinazione unilaterale del datore di lavoro, ma sia obiettivamente giustificato dalle esigenze organizzative che hanno dato luogo alla riduzione di personale (ex plurimis, Cass. civ., sez. lav., 26-05-2015, n. 10843; Cass. civ., sez. lav., 12-01-2015, n. 203; Cass. civ., sez. lav., 12-11-2012, n. 19644; Cass. 20 febbraio 2012 n. 2429, Cass. n. 15 giugno 2006 n. 13783).
Ricorda la Corte che la delimitazione del personale a rischio si opera in relazione a quelle esigenze tecnico produttive ed organizzative che sono state enunciate dal datore con la comunicazione di cui all’articolo 4, comma 3: ed è evidente che, essendo la riduzione di personale conseguente alla scelta del datore sulla dimensione quantitativamente e qualitativamente ottimale dell’impresa per addivenire al suo risanamento, dalla medesima scelta non si può prescindere quando si voglia determinare la platea del personale da selezionare.
Tuttavia, deve anche attribuirsi rilievo alla previsione testuale della norma secondo cui le medesime esigenze tecnico produttive devono essere riferite al “complesso aziendale”: da ciò si ricava che non vi è spazio per una restrizione all’ambito di applicazione dei criteri di scelta che sia frutto della iniziativa datoriale pura e semplice, perché ciò finirebbe nella sostanza con l’alterare la corretta applicazione dei criteri stessi, che la l. n. 223 del 1991, articolo 5, intende espressamente sottrarre al datore, imponendo che questa venga effettuata o sulla base dei criteri concordati con le associazioni sindacali, ovvero, in mancanza, secondo i criteri legali (cfr. in motivazione Cass. cit. n. 2429/12); con il corollario che è arbitraria, e quindi illegittima, ogni decisione del datore diretta a limitare l’ambito di selezione ad un singolo settore o ad un reparto, se ciò non sia strettamente giustificato dalle ragioni che hanno condotto alla scelta di riduzione del personale.
La delimitazione dell’ambito di applicazione dei criteri dei lavoratori da porre in mobilità è dunque consentita solo quando dipenda dalle ragioni produttive ed organizzative, che si traggono dalle indicazioni contenute nella comunicazione di cut all’articolo 4, comma 3, quando cioè gli esposti motivi dell’esubero, le ragioni per cui lo stesso non può essere assorbito, conducono coerentemente a limitare la platea dei lavoratori oggetto della scelta (cfr. Cass. civ., sez. lav., 26-05-2015, n. 10843 e Cass. civ., sez. lav., 12-01-2015, n. 203, citt.; nonché Cass. civ., sez. lav., 03-05-2011, n. 9711). A tali fini, quindi, il datore di lavoro deve indicare nella comunicazione, ai sensi della l. n. 223 del 1991 art. 4, 3o comma, sia le ragioni alla base della limitazione dei licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviare ad alcuni licenziamenti con il trasferimento ad unità produttive geograficamente vicine a quella soppressa o ridotta, onde consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti (Cass. civ., sez. lav., 09-03-2015, n. 4678).
La dimostrazione della ricorrenza delle specifiche professionalità o comunque delle situazioni oggettive che rendano impraticabile qualunque comparazione costituisce onere probatorio a carico del datore di lavoro (Cass. civ., sez. lav., 17-03-2014, n. 6112).”
Licenziamento collettivo – criteri di scelta – indicazione nella procedura di avvio – fungibilità professionale – illegittimità – reintegra
a cura dell’avv. Ernesto Maria Cirillo
Il Tribunale di Napoli con l’ordinanza n. 11838 del 23 maggio u.s. ha accolto la domanda di tre nostri assistiti impiegati informatici presso la sede di Napoli, unica coinvolta dalla procedura di licenziamento collettivo a fronte di una esigenza generale di contenimento dei costi.
Così motiva il Tribunale: “Sul punto, merita ricordare il consolidato principio della S.C. secondo cui, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda, la comparazione dei lavoratori, al fine di individuare quelli da avviare alla mobilità, non deve necessariamente interessare l’intera azienda, ma può avvenire, secondo una legittima scelta dell’imprenditore ispirata al criterio legale delle esigenze tecnico-produttive, nell’ambito della singola unità produttiva, ovvero del settore interessato alla ristrutturazione, in quanto ciò non sia il frutto di una determinazione unilaterale del datore di lavoro, ma sia obiettivamente giustificato dalle esigenze organizzative che hanno dato luogo alla riduzione di personale (ex plurimis, Cass. civ., sez. lav., 26-05-2015, n. 10843; Cass. civ., sez. lav., 12-01-2015, n. 203; Cass. civ., sez. lav., 12-11-2012, n. 19644; Cass. 20 febbraio 2012 n. 2429, Cass. n. 15 giugno 2006 n. 13783).
Ricorda la Corte che la delimitazione del personale a rischio si opera in relazione a quelle esigenze tecnico produttive ed organizzative che sono state enunciate dal datore con la comunicazione di cui all’articolo 4, comma 3: ed è evidente che, essendo la riduzione di personale conseguente alla scelta del datore sulla dimensione quantitativamente e qualitativamente ottimale dell’impresa per addivenire al suo risanamento, dalla medesima scelta non si può prescindere quando si voglia determinare la platea del personale da selezionare.
Tuttavia, deve anche attribuirsi rilievo alla previsione testuale della norma secondo cui le medesime esigenze tecnico produttive devono essere riferite al “complesso aziendale”: da ciò si ricava che non vi è spazio per una restrizione all’ambito di applicazione dei criteri di scelta che sia frutto della iniziativa datoriale pura e semplice, perché ciò finirebbe nella sostanza con l’alterare la corretta applicazione dei criteri stessi, che la l. n. 223 del 1991, articolo 5, intende espressamente sottrarre al datore, imponendo che questa venga effettuata o sulla base dei criteri concordati con le associazioni sindacali, ovvero, in mancanza, secondo i criteri legali (cfr. in motivazione Cass. cit. n. 2429/12); con il corollario che è arbitraria, e quindi illegittima, ogni decisione del datore diretta a limitare l’ambito di selezione ad un singolo settore o ad un reparto, se ciò non sia strettamente giustificato dalle ragioni che hanno condotto alla scelta di riduzione del personale.
La delimitazione dell’ambito di applicazione dei criteri dei lavoratori da porre in mobilità è dunque consentita solo quando dipenda dalle ragioni produttive ed organizzative, che si traggono dalle indicazioni contenute nella comunicazione di cut all’articolo 4, comma 3, quando cioè gli esposti motivi dell’esubero, le ragioni per cui lo stesso non può essere assorbito, conducono coerentemente a limitare la platea dei lavoratori oggetto della scelta (cfr. Cass. civ., sez. lav., 26-05-2015, n. 10843 e Cass. civ., sez. lav., 12-01-2015, n. 203, citt.; nonché Cass. civ., sez. lav., 03-05-2011, n. 9711). A tali fini, quindi, il datore di lavoro deve indicare nella comunicazione, ai sensi della l. n. 223 del 1991 art. 4, 3o comma, sia le ragioni alla base della limitazione dei licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviare ad alcuni licenziamenti con il trasferimento ad unità produttive geograficamente vicine a quella soppressa o ridotta, onde consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti (Cass. civ., sez. lav., 09-03-2015, n. 4678).
La dimostrazione della ricorrenza delle specifiche professionalità o comunque delle situazioni oggettive che rendano impraticabile qualunque comparazione costituisce onere probatorio a carico del datore di lavoro (Cass. civ., sez. lav., 17-03-2014, n. 6112).”